"Libertà di critica e non violenza" - 19 marzo 2002 al Cinema Teatro della Compagnia [Via Cavour 50r Firenze]

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 marzo 2002 07:36

San Rossore, Genova, l'attentato alle Due Torri di New York, la guerra in Afghanistan, la marcia della pace Perugia-Assisi: c'è un filo rosso che unisce questi avvenimenti. Obiettivi che possono essere raggiunti solo confrontandoci con gli altri, ascoltando che cosa hanno da dire, comprendendo meglio la domanda di politica che viene dai movimenti e dalle piazze, la richiesta di giovani e meno giovani di un futuro diverso. Il convegno "Libertà di critica e non violenza" è un appuntamento che si aggiunge ad una serie di iniziative che testimoniano come la cultura della pace, del dialogo e della solidarietà, abbia in Toscana radici profonde e sia un'esperienza concreta, frutto del lavoro quotidiano delle istituzioni e dell'intera società civile.

Questo convegno, l'appuntamento sulla globalizzazione di S. Rossore, il ponte umanitario per l'Afghanistan, il Meeting sui diritti umani, i numerosi progetti di cooperazione internazionale, sono tutti tasselli di un unico disegno che vede la nostra regione protagonista nella battaglia per affermare ovunque la pace ed il rispetto tra le culture.

Gli ospiti del convegno
Tom Benetollo
E' nato a Vigonza (Padova) nel 1951. Durante gli anni '70 è corrispondente dal Veneto per "l'Unità".

Dal 1982 al 1992 fa parte del segretariato delle convenzioni END (European nuclear disarmament) ed è componente della Segreteria della Helsinki Citizens' Assembly per la democrazia e i diritti umani all'est, per lo sviluppo delle relazioni tra le società civili dell'Europa. E' tra i promotori del movimento antirazzista e per la convivenza in Europa, e coordinatore di Time for peace, per il dialogo tra israeliani e palestinesi. Attivo nella solidarietà con Sarajevo, ha ricevuto nel 1993 il premio del Centro Internazionale per la pace della capitale bosniaca.

Dal 1993 al 1995 presiede Arcinova, la principale Associazione dell'ARCI. Dal 1995 è presidente della federazione, e nel 1997 viene eletto alla guida di ARCI- Nuova Associazione.
Sergio Cofferati
E' nato a Sesto e Uniti (Cremona) nel 1948. Ha iniziato a lavorare nel 1969 alla Pirelli Bicocca di Milano. Nel 1974, viene eletto delegato del Consiglio di fabbrica e inizia la sua attività sindacale. Nel giugno 1994 è eletto Segretario generale della Cgil. A lui e al vicesegretario generale è affidata la responsabilità della politica delle relazioni estere.
Sergio Givone
E' nato a Buronzo (Vercelli) nel 1944.

Ha studiato filosofia a Torino, dove si è laureato con Luigi Pareyson. Ha insegnato nelle Università di Perugia, di Torino, di Heidelberg (1982-1983 e 1987-1988) e di Girona (Spagna). Dal 1991 è ordinario di Estetica nel Dipartimento di Filosofia dell'Università di Firenze. Ha tenuto conferenze e seminari i molte università straniere: Stanford (Usa); Columbia (Usa); Sorbona (Francia); Paris VIII (Francia); Lille (Francia); Heidelberg (Germania); Stoccarda (Germania); Autonoma di Madrid (Spagna); Complutense di Madrid (Spagna); Barcellona (Spagna).

Oltre a numerosi saggi apparsi su riviste italiane e straniere, tra le sue pubblicazioni più recenti: Disincanto del mondo e pensiero tragico, il Saggiatore 1989; Storia del nulla, Laterza 1995; Eros/ethos, Einaudi 2000. Nel 1998 ha pubblicato presso Einaudi un romanzo, Favola delle cose ultime; un secondo romanzo, Nel nome di un dio barbaro, è in corso di stampa presso lo stesso editore. Collabora a giornali e riviste e fa parte di un gruppo di ricerca diretto dal professor Franco Bianco dell'Università di Roma III sulla filosofia classica tedesca.
Wole Soyinka
Nato nel 1934 in Nigeria, è oggi considerato uno dei più grandi drammaturghi africani.

Cresciuto presso la missione anglicana di Aké, riceve un'educazione cristiana. Nel periodo vissuto ad Ibadan, dove rimane fino ai primi anni dell'università, assiste alla nascita del movimento di protesta che porterà la Nigeria all'indipendenza, come descritto nel libro The Penkelemes Years, A Memoir: 1946-1965, una delle sue molte opere autobiografiche. Negli anni successivi la sua passione comincia a focalizzarsi intorno al teatro. Dal 1954 al 1960 vive in Inghilterra, dove lavora in teatro e studia drammaturgia prima a Leeds poi a Londra.

Nel 1960, grazie ad un assegno di ricerca, può tornare stabilmente in Nigeria, dove fonda una sua compagnia teatrale e produce una nuova commedia A Dance of the Forests (che fa seguito alle precedenti The Swamp Dwellers e The Lion and the Jewel). La presentazione dell'opera -una sarcastica denuncia della disonestà e corruzione dei governi locali, inalterata nel passaggio dal regime coloniale all'indipendenza- coincide con l'avvio dei festeggiamenti ufficiali per l'Indipendenza della Nigeria dalla Gran Bretagna, ed attira su Soyinka l'ira del governo e le critiche di molti intellettuali sul carattere elitario dell'opera o sull'uso di tecniche e stili europei.

Negli anni successivi Soyinka contribuisce a definire l'identità della nuova Nigeria indipendente, un paese di 115 milioni di abitanti suddivisi in oltre 400 etnie diverse, attraverso opere come: The Trials of Brother Jero; The Road, The Strong Breed; Kongi's Harvest; The Interpreters. Nel '65 Soyinka sconta un breve periodo di detenzione per le sue attività politiche; nel '67 le autorità lo accusano di simpatizzare con i movimenti secessionisti del nord e viene nuovamente imprigionato per 22 mesi come raccontato in The Man Died.

Dopo la sua liberazione, Soynka lascia volontariamente il paese e attraversa un nuovo periodo di forte creatività, come testimonia la pubblicazione del libro di poesia A Shuttle in the Crypt (1972); di vari saggi sulle tradizioni africane (come Myth, Literature and the African World del 1976); dei drammi Madmen and Specialists (1970) e Death and the King's Horseman (1975). Contemporaneamente assiste al declino della Nigeria verso la dittatura che culmina nel 1995 quando il regime del generale Sani Abacha mette a morte per le sue opinioni politiche lo scrittore e drammaturgo Ken Saro-Wiwa.

Lo stesso Soyinka, in salvo all'estero, viene condannato alla pena capitale per tradimento, abbandonata nel 1998 dopo la caduta di Abacha. Nel 1986 viene premiato con il Nobel per la sua ricca attività letteraria.
Tiziano Terzani
Nato a Firenze nel 1938, è corrispondente dall'Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel e collaboratore del Corriere della Sera. Ha vissuto a Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo e Bangkok, e dal 1994 si è stabilito in India con la moglie Angela Staude, scrittrice, e i due figli.

Profondo conoscitore del continente asiatico, Terzani è uno dei giornalisti italiani che gode di maggior prestigio internazionale. Ha pubblicato Pelle di Leopardo (1973) dedicato alla guerra in Vietnam. Nel 1975 è uno dei pochi giornalisti che resta a Saigon e assiste alla presa di potere da parte dei comunisti. Da questa esperienza nasce Giai Phong! La liberazione di Saigon (1976), che viene tradotto in varie lingue e selezionato in America come "Book of the Month". Fra i primi corrispondenti a tornare a Phnom Penh dopo l'intervento vietnamita in Cambogia, racconta il suo viaggio in Holocaust in Kambodscha (1981).

Il lungo soggiorno in Cina, conclusosi con l'arresto per "attività controrivoluzionarie" e con la successiva espulsione, dà origine a La porta proibita, pubblicato contemporaneamente in Italia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Buonanotte, Signor Lenin è una testimonianza diretta del crollo dell'impero sovietico ed è stato selezionato per il Thomas Cook Award, il premio inglese per la letteratura di viaggio. Il capolavoro Un indovino mi disse è la cronaca di un anno vissuto come corrispondente dall'Asia ed ha ottenuto un notevole successo di critica e di pubblico, al pari di In Asia (1998) che descrive le multiformi realtà storiche, culturali ed economiche di quel continente.

A Tiziano Terzani è stato conferito nel 1997 il prestigioso "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale". Di Lettere contro la guerra, uscito il 22 febbraio scorso, lo stesso Terzani dice: "Il libro non è in nessun modo "giornalistico", si tratta di lettere scritte a mio nipote Novalis che le leggerà quando io non sarò più in questo corpo, ma quando l'umanità dovrà ancora una volta affrontare il problema della sua possibile estinzione".

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